Fiuggi Family Festival - Io segno un mondo
“Io Segno un Mondo” –
Fiuggi Family Festival –
La musica oltre il silenzio
Di Silvia Azzaroli e Simona Ingrassia.
Titolo: Io segno un mondo
Regista: Fabio
Feliciani
Cast: Valentina
Agnello, Gabriella Grioli, Mersjana Jupe, Marco Pofi, Roberto Pugliesi, Cecilia
Ruggeri
Genere: Docu-Film
2013
60 min
“Io
sogno un mondo in cui oralisti e insegnanti non si facciano più la guerra.”
Presentato al Fiuggi Family Festival
il docu-film “Io segno un mondo” un progetto nato dall’incontro tra due amici:
Ambra Bianchini, attualmente l’unica coreagrafa che insegna danza ai sordi e
Giampiero Plini, amministratore di Quarter Video, società che si è votata alla
produzione di video e progetti a forte impatto sociale. Si sono resi necessari
dieci mesi di riprese, più due o tre mesi sia per quanto riguarda il montaggio,
la sottotitolatura e altro ancora.
Abbiamo volutamente usato la parola
“sordo” perché loro stessi odiano la locuzione: “non udenti”. Il docu-film si
apre in un momento in cui i sei
ballerini protagonisti si trovano dietro alle quinte dello spettacolo e si stanno
preparando per andare in scena. Le immagini si bloccano e c’è un salto
narrativo indietro nel tempo.
Attraverso le parole stesse dei sei
ragazzi,attraverso interviste singole, lo spettatore rivive le gioie e le
difficoltà che questi hanno incontrato sul loro cammino.
Sono percorsi con difficoltà simili
ma anche con alcune grosse differenze, in quanto alcuni di loro sono sordi
profondi e faticano persino a parlare, altri sono stati da un logopedista e
parlano abbastanza bene.
La difficoltà maggiore per la
coreagrafa è stata dover far “sentire” la musica a questi ragazzi sordi, quindi
ha dovuto prima di tutto imparare il linguaggio dei segni, che ha fatto da
ponte tra lei e questi ragazzi. Le immagini e il linguaggio dei segni hanno
aiutato molto i ballerini a sentire la musica, nonostante la loro sordità, ma
una parte essenziale per aiutarli a comprendere sono state le vibrazioni, in
quanto è attraverso esse che loro riescono a percepire realmente la musica e a
farla entrare nel loro mondo interiore.
Il docu-film lavora a più livelli:
c’è una voce narrativa che racconta e fa da fil rouge per tutto il tempo, c’è
la presenza dei sottotitoli che permette allo spettatore di comprendere il
linguaggio dei segni anche se non lo conosce. In una delle intervista uno dei
ragazzi ha espresso il desiderio che i genitori dei bimbi sordi imparassero
tale linguaggio. Noi ci permettiamo di suggerire un ulteriore passo: insegnarlo
a tutti, nella scuola primaria e anche agli adulti in modo che si abbatta
definitivamente la barriera della diversità di comunicazione.
In
un’altra intervista Cecilia, che si occupa di insegnamento ai bambini sordi, ci
racconta l’esempio di un bambino definito irrequieto dagli stessi genitori. In
realtà questo povero bimbo aveva una forte necessità di trovare un ponte
comunicativo e espressivo tra se e il mondo esterno. In un anno Cecilia, con
pazienza attraverso diversi tentativi, riesce ad abbattere il muro e a colmare
questo bisogno. Sfortunatamente per questo piccolo, i genitori decidono di
toglierlo dalla scuola dove la ragazza insegnava. A detta del medico di
famiglia: “Tanto i segni non servono a niente.” Questo muro viene rappresentato
visivamente dall’incontro tra la stessa Cecilia e un bambino che sta giocando
con un giocattolo a forma di bus. La ragazza gli sorride, sfrutta dei piccoli
gesti basilari come quelli che rappresentano un guidatore per gettare un ponte
comunicativo tra di loro. La connessione tra i due sembra essere stabilita in
maniera felice ma improvvisamente cala un pesante telone di plastica
trasparente. I due continuano a vedersi però gli è impossibile comunicare. Lei
cerca in tutti i modi di distruggere questo telo, invano. Il danno è già stato
fatto.
Un altro componente dei ballerini ha
raccontato di quando era piccolo, di come non riuscisse a parlare con i suoi
genitori perché questi non conoscevano il linguaggio dei segni. Durante la
proiezione lo spettatore vede una scena rappresentativa di questo disagio: un
uomo con la barba continua a parlare a questo ragazzo, ma lo fa in maniera fin
troppo veloce e non sembra accorgersi della sua richiesta di aiuto.
Prima parlavamo di come la
coreografa abbia dovuto insegnare la musica a chi non è in grado di sentire e
una scena, assai esplicativa di questo, è quella in cui loro sono sotto la
pioggia e iniziando a danzare con essa, iniziano a percepire le vibrazioni
della stessa e poi anche della musica.
Vi sono molte immagini a cui questi
ragazzi hanno fatto affidamento per raccontare cos’è per loro la musica: è come
le nuvole, è come il mare che può essere calmo o impetuoso.
Attraverso
la musica hanno imparato a danzare e a liberare le energie rinchiuse dentro di
loro. La danza ha permesso a questi ragazzi di essere se stessi, di essere
liberi, di affrontare le loro paure e diventare più forti di quello che
pensavano di essere.
La paura fa parte di loro come di
noi e durante la proiezione si vedono vari momenti dove i ragazzi affrontano
tali paure. Una ragazza, tenendo in mano le scarpe da ballerine, fissa il suo
riflesso danzante nello specchio. Ne è ammaliata, vorrebbe essere come lei, ma
ha paura, teme di non farcela, questo la fa diventare rabbiosa e sarà proprio
questa rabbia ad indicarle la giusta direzione. A darle la forza di tirar fuori
la ballerina che è in lei. Inizia a danzare e diventa tutt’uno con il suo
riflesso, vuole sfidare sempre di più quest’ultimo, per diventare sempre più
brava. Vuole dominare la danza e farsi dominare da essa.
Ci troviamo di fronte a un altro
momento intenso e drammatico del docu-film in cui uno dei ballerini è immerso
nell’oscurità con le mani legate. Il povero ragazzo si dibatte, lo spettatore è
partecipe della sofferenza di questo essere umano impossibilitato al movimento
e alla comunicazione. Pian piano le corde si allentano e lui riesce a
liberarsi. Questo è esattamente ciò che tutti i sordi si trovano ad affrontare
nella vita: il dolore, la difficoltà di trovare una via espressiva in un mondo
dominato dai suoni. Per loro comunicare è importante quanto noi e questo ci fa
pensare ad una frase del film “Prima dell’Alba”:
“Se
c’è una qualche magia in questo mondo sta nel tentativo di avere un qualsiasi
rapporto con qualcuno. Non importa se ci riesci. La risposta è già nel
tentativo.”
E a proposito di questo bisogno di
esprimersi, una delle ragazze ha dichiarato che per loro le parole non sono
importanti, ma invece lo sono le espressioni. E’ vero, anche per noi, le parole
possono non essere importanti, ciò che conta davvero sono le intenzioni e i
modi con cui queste parole vengono usati.
Questi ballerini sono la riprova che
la danza può e deve essere veicolo di comunicazione, un modo per abbattere le
barriere.
Trovate qui sotto il trailer:
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