Ayrton Senna - E così sono già passati venti anni

Vi lascio qui sotto l'articolo che ho scritto due settimane fa per il Giornale Apollo. Non riesco a dire altro.

 così sono già passati venti anni. Tra gli ultimi giganti della Formula Uno, capace di fare cose davvero impossibili, di fare sorpassi esagerati, di fare vere e proprie acrobazie, di buttare fuori i suoi nemici, senza vergogna e con una buona dose di strafottenza, per vendicarsi dei torti subiti.
Ayrton era così. Non le mandava a dire. Se gli facevi un torto in gara prima o poi te la faceva pagare: lo sapeva bene il suo amico/nemico Alain Prost, detto “Il professore”, per il suo essere sempre perfetto, quasi una sorta di nuovo Niki Lauda, anche se Alain sul podio si emozionava, sia quando perdeva sia quando vinceva.
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Ayrton non era amato da tutti, c’era chi lo adorava immensamente, anche tanti ferraristi (e lui ci teneva a venire alla Ferrari ma non ci è mai venuto) e chi lo odiava visceralmente e, lo ammetto, per alcuni anni lo odiai anche io. Ci misi un po’ a vedere oltre l’aria da sbruffone, oltre al suo dire apertamente di essere il migliore. Era arroganza la sua? Non proprio perché nei fatti ha dimostrato di esserlo. E non solo per i tre titoli mondiali vinti. Ma per come sapeva guidare l’auto, per come lavorava a stretto contatto con i meccanici per avere una macchina sempre al meglio, per come affrontava ogni rischio sempre a testa alta, per come amava fino al midollo questo sport, provando sincera passione e tanta paura. Chissà in quanti ricordano che nel terribile weekend in cui morì, Ayrton fu l’unico ad andare a piangere sotto la curva in cui era morto lo sconosciuto collega austriaco Roland Ratzenberger, sfortunato quanto lui a perdere la vita così giovane. E la cosa triste fu che molte persone, per mostrare di essere migliori, dissero di aver pianto solo per Roland e non per Ayrton che era “ricco, famoso e quindi se l’era cercata.” Che pena.
Io ho negli occhi e nel cuore la morte di entrambi. Avevo 17 anni. Roland morì sabato 30 Aprile, durante le prove. Ayrton durante la gara del 1 maggio 1994. La sua fu una lunga e straziante agonia. Ricordo le ore interminabili di attesa. Ricordo la flebile speranza che se ne andava. E ricordo come tutti parlavano, di come la tecnologia che tutti noi oggi aborriamo, forse avrebbe salvato entrambi. Ricordo i titoli dei giornali:

“Il sangue di Senna”
“La formula delle follie si porta via il più grande”
Ricordo il rimorso di aver imparato ad amarlo solo nell’ultimo periodo e di non aver capito subito il suo cuore grande, la sua passione autentica, sincera e unica per uno sport che era tutta la sua vita, insieme alla sua famiglia.
Alain, l’amico rivale di sempre, sulla sua bara giurò:
“Ti giuro amico mio non salirò mai più su un’auto.”
E così fece. Perché lo sapeva. Lo sapevamo tutti. Senza Ayrton non c’era Alain.
Quello stesso anno un giovane pilota tedesco, di nome Michael Schumacher, vinse il suo primo mondiale, aiutando anche lui i meccanici a creare una macchina competitiva, la Benetton. E più tardi avrebbe fatto lo stesso con la Ferrari in crisi da tempo immemore.Qualcuno disse che se Ayrton fosse stato vivo Schumi non avrebbe vinto. Altri dissero che invece avrebbe vinto ugualmente.Di certo sarebbe stato bello vedere un duello tra loro due. Proprio bello. Come sarebbe bello poter vedere come si staranno divertendo lui e Gilles in Paradiso.
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“Corri Ayrton” scrissero i calciatori brasiliani dopo aver vinto il mondiale nel 1994 “Corri Ayrton che il cielo ti attende.”
Voglio ricordarlo con alcune sue adorabili dichiarazioni.
“Tutti hanno dei limiti. Il mio è più in là.”
“Sarai d’accordo con me che le donne sono un gran casino ma senza di loro la vita sarebbe peggiore.”
“Non bevo, non fumo, non sono superstizioso. Non leggo mai l’oroscopo. Semplicemente credo in Dio e mi basta.”
“Voi non capirete mai cosa si prova. Il casco nasconde emozioni inusitate.”
“Sono orgoglioso di essere brasiliano.”
I ricchi non possono vivere su un’isola circondata da un oceano di povertà. Noi respiriamo tutti la stessa aria. Bisogna dare a tutti una possibilità.”
“Prima di tutto… Un buongiorno speciale al mio caro amico Alain. Ci manchi Alain!”
“Sono drogato. Drogato di vittoria. In questo momento sono totalmente dipendente dal successo: corro, vinco e dunque vivo”
“Se una persona non ha più sogni, non ha più alcuna ragione di vivere. Sognare è necessario, anche se nel sogno va intravista la realtà. Per me è uno dei principi della vita”
“Quando mi mancherà un centesimo di secondo rispetto al giorno prima pianterò tutto.”
E con un video dei duelli con l’amico Alain.




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