Fringe FF - Again My Son - Again My Family
Buon lunedì!
Ma soprattutto tanti tanti auguri di un felice 2013!
Questa fanfiction nasce da un mio momento di malinconia personale in cui continuavo a pensare al finale della 5x10 di Fringe, ergo al solito SPOILER ALERT..
E' una storia con un capitolo solo e non credo che continuerà.
Ma soprattutto tanti tanti auguri di un felice 2013!
Questa fanfiction nasce da un mio momento di malinconia personale in cui continuavo a pensare al finale della 5x10 di Fringe, ergo al solito SPOILER ALERT..
E' una storia con un capitolo solo e non credo che continuerà.
Wallpaper trovato in rete che si adatta alla mia storia |
Again
My Son - Again My Family
2036,
Boston, ex Università di Harvard.
Un uomo anziano
era sdraiato su letto matrimoniale della sua piccola stanza, attigua
al suo laboratorio, ma non riusciva a dormire, non adesso e non era
per il letto che gli era sempre sembrato immenso.
Si mise a sedere
osservando la lieve luce che filtrava delle finestre udendo in
lontananza il suono degli uccelli mattutini che annunciavano la
nascita di un nuovo giorno.
Per tanto, troppo
tempo non li aveva sentiti.
O meglio non li
aveva voluti sentire.
Credeva di non
meritare quel canto e la luce di nuovo giorno.
Credeva di
meritare di finire i suoi giorni rinchiuso al Saint Claire.
Poi era arrivata
quell'agente testarda che aveva bisogno di lui per un caso, ma non
gliene era importato nulla.
Non aveva scopo.
Scosse il capo
mentre nella sua testa si sovrapponevano altri ricordi.
L'agente bionda in
compagnia di suo figlio Peter a cui era andato di corsa a controllare
l'occhio.
Quale dei due era
il vero ricordo?
La risposta la
sapeva già perché il primo si stava facendo sempre più nebuloso,
come un vecchio sogno, un vecchio incubo da cui non riusciva a
svegliarsi.
Un altro flash gli
attraversò la mente.
Violento.
Terribile.
“Ho
bisogno che mi aiuti a capire perché tu non ti ricordi di me. Perché
gli altri non si ricordano di me. Olivia mi guarda come se fossi un
estraneo”
Il
ragazzo che gli stringeva le mani e lui spaventato le tirava
indietro, spaventato da qualcosa che gli sembrava di aver perso,
qualcosa che era sicuro di non meritare.
Calore
umano.
Perché
Peter si fidava di lui?
Non
lo aveva mai meritato.
Si
era alzato di scatto uscendo di corsa dalla stanza
“Non
sono mai stato suo padre”
Sapeva
che non stava fuggendo da Peter, ma da se stesso.
Dal
suo vero io.
Temeva
che standogli vicino gli avrebbe fatto ancora del male.
Walter si alzò in
piedi bevendo due sorsi d'acqua mentre una parte di se gli diceva di
sballarsi, sarebbe stato più semplice, ma non voleva che lo fosse.
Andò in
laboratorio ancora immerso in una semi-oscurità, forse non aveva
davvero sentito i passerotti cinguettare, forse erano solo nella sua
testa.
Il suo sguardo si
perse a guardare ogni oggetto di quel posto per lui così famigliare
ed ora così estraneo, vi era ancora troppa ambra e la sua Gene era
ancora lì.
Avrebbe voluto
liberarla però temeva che avrebbe corso dei rischi inutili forse più
avanti quando avrebbero finalmente liberato il mondo dagli
Osservatori.
Ci credeva in quel
piano?
Adesso che sapeva
la verità sì, ma la cosa gli faceva paura e nel contempo provava
una grande rabbia.
Verso quei mostri.
Verso September.
E verso se stesso.
Sentì un altro
violento capogiro alla testa mentre altre immagini passavano davanti
a lui
Una
stanza di un appartamento che ricordava a malapena
Peter
che gli sorrideva e si rivolgeva a lui
“Il
progetto a cui stavo lavorando è per te Walter”
“Per
me?”
“So
quanto tieni ai tuoi vinili e con questo potrai recuperare quelli
rovinati dall'acqua”
Aveva
sorriso come un bambino di fronte ad una grande festa tutta per lui
“Quando
aveva cinque anni mi fece un portatovaglioli di ghiaccio, orribile da
vedersi e perfettamente inutile, ma questo... ma questo...”
Peter
aveva sorriso imbarazzato con quel sorriso timido che lui aveva
sempre adorato.
E
non solo perché era così simile a quello della sua Elizabeth.
La
sua cara Astrid si voltò verso Peter dicendogli tra il serio ed il
faceto
“Sembra
di sentire parlare tuo padre”
E
di nuovo il suo ragazzo aveva sorriso un po' imbarazzato ma anche un
po' orgoglioso.
Era
orgoglioso di somigliargli?
A quel ricordo
Walter non seppe più trattenersi ed iniziò a piangere in silenzio
chinando la testa sui tavolini di acciaio mentre nella sua testa
apparve un altro momento
“Calmati,
ce la faremo come sempre, ok?”
“Ok”
“Voglio
che ti riposi papà”
Quella
voce bassa, pacata, dolce e quella parola
Papà.
“Papà”
“Cosa?”
“Mi
hai appena chiamato papà”
Peter
aveva sorriso sussurrando timidamente
“Sì,
credo di averlo fatto”
Era
felice.
Non
l'aveva mai visto così.
E
poche ore dopo sarebbe crollato tutto.
Gli
aveva mentito per anni.
Il dottor Bishop
fece cadere per terra una fialetta che si frantumò in mille pezzi
non curandosi minimamente di non fare rumore, non gliene importava
nulla, voleva riappropriarsi di quei ricordi anche se alcuni erano
dolorosi.
Lo facevano
sentire vivo perché gli stavano restituendo i tre anni più belli
della sua vita, forse nemmeno con Elizabeth era stato tanto felice.
“Non
riuscirò mai a capirti, ma hai viaggiato due volte tra gli universi
per salvarmi la vita: dovrà pur significare qualcosa?”
Certo
che significava qualcosa.
Che
era suo figlio e lo amava malgrado lo avesse ferito tante troppe
volte.
Una mano gentile
sfiorò i capelli dello scienziato che chiuse gli occhi
riconoscendola all'istante
“Cosa c'è
Walter?” domandò il giovane Bishop.
L'uomo non riuscì
a muoversi, non riusciva neanche a parlare, non era da lui, ma non
sapeva cosa dirgli, temeva di ferirlo di nuovo e non voleva farlo
“Walter mi stai
spaventando...” aggiunse Peter voltandosi verso la moglie e verso
Astrid. Gli sembrava strano che il padre non parlasse, non era il
tipo da tenersi tutto dentro
Un
altro ricordo.
Una
stanza immensa.
Liberty
Island.
Le
due macchine che diventavano una.
E
le due stanze che diventavano una facendo apparire ai suoi occhi
increduli la gente dell'altro universo poi Peter uscì dalla Macchina
e si avvicinò a loro
“Ho
visto l'Apocalisse. Ed e' peggio di qualunque cosa possiate
immaginare. Questa guerra non puo' essere vinta. I nostri due mondi
sono inestricabili. Se uno dei due muore... moriamo tutti.
Perciò
ho creato aperture in entrambi gli universi e tutte conducono qui, in
questa stanza. Un ponte, così potremo iniziare a lavorare insieme
per sistemare...”
Aveva creato lui
il ponte! Li aveva salvati ed in cambio era stato trattato come un
essere demoniaco, rinchiuso in una stanza e guardato a vista.
Glielo aveva detto
che aveva creato il ponte, all'inizio non ci aveva creduto poi aveva
cambiato idea ma non poteva ricordarsi, credeva fosse accaduto da
un'altra parte, non davanti ai suoi occhi.
Allora perché se
n'era dimenticato?
C'era qualcosa che
non riusciva a cogliere, qualcosa che era bloccato da qualche parte
nella sua mente
“Walter, per
favore, parlami” sussurrò ancora suo figlio.
“Scusami”
disse con un filo di voce il dottor Bishop.
“Per cosa? Ah
per la parola soggetto. So che non volevi ferire nessuno, tanto meno
Michael o me”
Il piccolo era
entrato nella stanza proprio in quel momento osservando tutto
silenziosamente come al solito, i suoi occhi tradivano una strana
malinconia, con molta calma si avvicinò ad Astrid ed Olivia, le
prese per mano e le condusse in corridoio.
Le due donne lo
fissarono senza capire
“Sta arrivando
qualcuno?”
Il bambino scosse
il capo per poi sfiorare delicatamente la guancia dell'agente
Farnsworth che rabbrividì spalancando gli occhi, anche lei si sentì
invadere la mente dai ricordi e si attaccò ad Olivia spaventata.
Nel laboratorio,
intanto, Peter provava a far parlare suo padre che continuava a
scuotere la testa, non gli piaceva vederlo così fragile, sembrava un
bambino spaurito, forse erano tornati a perseguitarlo i suoi demoni?
“Ascolta...
qualunque cosa tu abbia visto... non puoi farti operare di nuovo: è
pericoloso” balbettò il ragazzo accarezzandogli la guancia.
“Figliolo, non è
per quello... ascolta... mi ricordo... mi ricordo di quando
costruisti quell'apparecchio per salvare i miei dischi di vinile”
Il giovane Bishop
a quelle parole retrocedette di qualche passo
“Se... se è uno
scherzo non è divertente”
Walter si alzò di
scatto dalla sedia mettendogli le mani sul viso
“Scusami...
scusami tu ci salvasti tutti ed io... noi... ti trattammo come un
appestato”
Peter deglutì
incapace di muoversi
“Non puoi... non
puoi ricordare questo”
L'uomo annuì
debolmente con le lacrime agli occhi ma Peter si divincolò andandosi
a rifugiarsi nell'ufficio del padre benché il suo primo istinto
fosse stato quello di scappare, solo che non poteva farlo.
Non in quella
situazione così precaria.
Il dottor Bishop
lo raggiunse trovandolo rannicchiato in un angolo della stanza
“Figliolo io...”
Subito il giovane
lo interruppe ringhiandogli dietro
“Da... da quando
ricordi Walter? Voglio sapere quanto sono stato idiota a cercare di
tornare indietro da voi quando già ero nel posto giusto”
L'uomo si sedette
di fronte a lui
“La verità è
che una parte di me ricordava già qualcosa da diverso tempo...
solo... solo che credevo fossero sogni di qualcosa che non era mai
avvenuto... ma è stato Michael a farmi ricordare tutto”
Walter gli
accarezzò i capelli, Peter non riuscì a reagire, era pieno di
rabbia
“Avevo giurato a
me stesso di non farti più sentire solo e disprezzato e non ci sono
riuscito. ..” balbettò prendendolo tra le braccia ancora una volta
suo figlio non reagì, si sentiva annientato. Troppe cose tutte
insieme. La morte di Etta. Il chip che sapeva che lo aveva
irrimediabilmente cambiato all'interno. Quel bambino che
contemporaneamente lo inquietava e gli ispirava tenerezza.
E che ora aveva
permesso a Walter di ricordare.
Peter si lasciò
prendere tra le braccia.
Era esausto e
sapeva che la vera battaglia stava per cominciare.
Sapeva che avrebbe
avuto la sua Olivia accanto a se e questo gli infondeva coraggio.
Ma aveva il
terribile presentimento che non avrebbe avuto accanto a se suo padre;
quest'ultimo intanto aveva ripreso a parlare anche se sarebbe stato
più giusto definirlo farfugliare
“Hai passato
un'infanzia orribile a causa mia e... a causa del mio stupido
orgoglio hai dovuto rivivere quei momenti... non credo... non credo
che basterebbero mille anni per... per scusarmi. Vorrei... vorrei
solo farti... farti capire che... ti voglio bene. Voglio trovare il
modo.
Perché... perché
tu... tu sei importante e... non solo per il piano di September”
Il ragazzo
rabbrividì a quelle parole, aveva una gran paura di perderlo, non
poteva e non voleva, si strinse al padre per cercare conforto e
rassicurazione.
Non si sentiva
all'altezza di quello che stava per succedere.
Walter gli baciò
i capelli come se percepisse quei pensieri di cui era in parte
responsabile, lo sapeva.
“Peter... tu...
tu sei speciale... in un modo in cui nessun altro lo è. Non... non
c'è niente che non farei per te”
L'uomo scoppiò in
un pianto liberatorio, come se si fosse levato un peso, come se non
si sentisse più il bambino di cui nessuno si curava, tranne che sua
madre.
Si era sentito
così solo in quei mesi trattato come un mostro anche da loro, dalla
sua famiglia ed ancora non riusciva a capire cosa diamine fosse
accaduto.
Lo scienziato
prese ad accarezzargli i capelli lasciandolo sfogare mentre il suo
sguardo vagava nella stanza finendo per incrociare quello di Olivia
che gli sorrise debolmente e se ne andò, felice che i due stessero
riuscendo finalmente a chiarirsi fino in fondo.
Raggiunse Astrid
che era ancora disorientata per il flusso di ricordi apparsi nella
sua mente, non appena vide l'amica sorrise cercando di rasserenarsi
“Tu hai capito
cosa è successo?” domandò infine l'assistente di Walter.
Olivia scosse il
capo
“No, ma ho il
sospetto che centri il piano di September, non so spiegarti il
motivo”
Poi senza dire
nulla si mise a preparare qualcosa di caldo per tutti, forse perché
aveva visto tremare sia Astrid che Peter che Walter.
Il dottor Bishop,
nel frattempo, continuava ad accarezzare i capelli del figlio che era
ancora ammutolito per quanto stava accadendo, lasciava che le lacrime
parlassero per se.
“Pete... io..
September mi ha... mi ha mostrato di come sia tu la chiave del
piano... e.. ed io ho un motivo in più... in per proteggerti”
Il ragazzo scosse
la testa
“Non voglio
perderti” balbettò spaventato.
“Qualunque cosa
accadrà non mi perderai” rispose in tono fermo suo padre.
Peter preferì non
chiedere cosa intendesse perché lo intuiva, si abbandonò al suo
abbraccio cercando di dimenticare cosa li attendeva.
Walter lo strinse
ancora di più cercando di scacciare anche lui ogni pensiero per il
domani perché sentiva in qualche modo che non avrebbe potuto esserci
nel momento decisivo così prese a cullarlo come per infondergli
coraggio.
Per fargli capire
che davvero sarebbe stato al suo fianco anche se non ci credeva
neanche lui e sapeva anche perché.
Doveva
proteggerlo.
A qualunque costo.
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