Fringe FF: Capitolo 6 The Tin Man Finds His Heart

In attesa dell'episodio di domani che chiarirà, si spera, molti dubbi ecco un nuovo capitolo della saga septembrina.
Buona lettura.
SPOILER ALERT

Capitolo 6





2600, dove un tempo sorgeva Boston

Entrai nella piccola stanza dove tenevamo Il Ragazzo, avevamo compiuto questa follia per tenerlo al sicuro da Loro, ma sapevo che non sarebbe durata.
Lo sapevo dal primo istante in cui lo convinsi a cancellarsi da quella linea temporale, non mi stupii affatto che ci fosse riuscito, quello che mi aveva lasciato perplesso era come lui ancora non fosse in grado di capire di cosa fosse in grado di fare.
Mi avvicinai al letto dove era tenuto in animazione sospesa, in un modo o nell'altro sapevo che sarebbe andato via da lì, sentiva il richiamo della sua famiglia anche in quello stato.
Nella stanza entrò March, era uno di noi, ma mi ero sempre fidato poco di lui, non sapevo spiegarmene la ragione, forse perché aveva quella strana luce nello sguardo ed ora ero solo perché August se n'era andato per quella ragazza.
Per quel sentimento che gli umani chiamano amore.
Sentimento che non comprendevo.
Non ancora.

Oppure cercavo di non comprendere altrimenti mi avrebbe levato la lucidità di fare ciò che andava fatto.
Il mio collega, nel frattempo, si era avvicinato al letto del giovane.
“Lo vuoi preparare per un test?”
“Lo abbiamo portato qui per questo no?” domandò con quel tono di voce così strano, così ambiguo.
“Non proprio” replicai con molta calma.
“Ti stai facendo influenzare da loro, dagli umani. Questa è la nostra guerra e lui ci serve” affermò con pacatezza. Troppa pacatezza.
Non dissi cosa pensavo, non era il momento, ammetto che una parte di me era persino interessata a quel test, volevo capire cos'altro fosse in grado di fare, se avevamo sempre avuto ragione su di lui.
Lo svegliò iniettandogli dei medicinali nella vena e subito Il Ragazzo si guardò in giro spaesato, tuttavia non appena incrociò il mio sguardo lo vidi rianimarsi
“Tu sei l'amico di mio padre... l'Osservatore... cosa ci faccio qui?”
Il mio primo impulso fu quello di cercare di rassicurarlo, ma non potevo, avrei rischiato di compromettere il mio piano per riportarlo a casa e salvare entrambi i mondi.
Il mio ed il suo.
“Abbiamo bisogno di farti dei test” fece March.
Il Ragazzo spalancò gli occhi
“A che scopo?”
Il mio collega scosse la testa mentre anche December era entrato nella stanza e si era avvicinato a lui
“Abbiamo sempre saputo chi fossi per questo September ti teneva d'occhio”
Di nuovo Il Ragazzo ci fissò senza capire
“E chi sarei?”
March non rispose mentre December passò dietro la schiena del giovane che provò ad alzarsi dal letto inutilmente
“Mi avete legato? Siete impazziti!” urlò furente notando le manette ai polsi.
Il nostro capo gli fece un piccolo taglio alla base del collo, vicino al cervelletto, provando a stimolarlo con un minuscolo coltello, il ragazzo non reagì cercando di non mostrare dolore.
“Tra poco non saranno più un fastidio” affermò December.
Ancora una volta ebbi quella strana sensazione, quel desiderio improvviso di portarlo via da quella follia ma di nuovo la curiosità scientifica ebbe il sopravvento soprattutto quando vidi i suoi occhi diventare di un colore indefinito
“Cosa... cosa mi state facendo?” balbettò tremando convulsamente ed un attimo dopo era scomparso.
March sorrise
“Avevamo ragione. E' Lui” disse semplicemente.
December guardò il letto vuoto
“E' stato in grado di attivarsi, ha visto vari futuri e ha visto come tornare al suo mondo. September riportalo qui.
Loro non devono sapere che Il Ragazzo è diventato Un Uomo”
Annuì debolmente spostandomi nell'universo dove il giovane aveva vissuto gran parte della sua vita, December mi seguì e parlammo a lungo in un bar.
Non l'avevo mai visto così.
Sembrava spaventato.
Mi ripeté quanto aveva detto nel nostro mondo ed io iniziai a costruire un apparecchio per cancellare le tracce del Ragazzo dalla propria linea temporale, ero determinato a farlo davvero eppure sentivo qualcosa.
Qualcosa che io stesso avevo messo in moto parlando con suo padre nel futuro e nel passato, qualcosa che mi stava fermando.
Ero un essere razionale, dotato di un intelletto superiore, avevo visto tutti i futuri possibili dell'umanità, non provavo emozioni, non ne avevo mai provate se non quella volta al lago e a casa dei Bishop dell'altro universo.
Arrivai ad Harvard con il mio apparecchio, stavo per accederlo quando sentii di nuovo quel qualcosa che si accentuò quando in lontananza captai alcuni pensieri.
“Walter... Walter... aiutami... sono qui... aiutami ti prego” era la voce del Ragazzo.
E poi quegli altri pensieri ancora più flebili
“Peter... ti aiuterò... torna da me... aggrappati a me... a noi, a me ed Olivia. Non ci mollare”
Una voragine si spalancò davanti ai miei occhi e lo vidi.
Vidi quel 2036 dominato dalla parte turpe della mia razza, tuttavia c'era qualcosa di sinistro.
Il Ragazzo non c'era.
Olivia Dunham non c'era.
La vidi morire attraversando il portale tra gli universi nel vano tentativo di fermare David Robert Jones.
Walter Bishop non c'era.
Si era impiccato nel suo laboratorio roso dai rimorsi per aver provocato la morte di due Peter.
Non volevo quel futuro.
Non doveva andare così.
Chiusi l'apparecchio, decidendo di fare un salto nel vuoto perché per la prima volta nella mia vita non avevo ascoltato la mia ragione, ma qualcos'altro, qualcos'altro che per gli umani era di vitale importanza.
Invece di rientrare nel mio tempo, andai nel maggio del 2012 per vedere se fossi riuscito a sistemare le cose.
Non ebbi nessuna paura quando quella strana donna di nome Jessica mi imprigionò con le rune di stasi per ordine del dottor Bell, sapevo che sarebbero arrivati Il Ragazzo ed Olivia, e non ebbi nessuna paura quando Jessica mi ferì, rimasi male invece nel vedere il turbamento e la strana richiesta di Olivia e del ragazzo.
Non mi era mai successo di venire a sapere da altri cosa avrei fatto, soprattutto dagli umani, decisi di andare ad indagare nel passato trovandomi a girare come una trottola tra il 2011 ed il 2012, fino a che con molta fatica riuscii ad arrivare al laboratorio.
Dovevo parlare al ragazzo.
Non solo per salvare Olivia.
Quando finalmente lui entrò nella mia mente non riuscii a dirgli tutto quello che volevo e dovevo dirgli.
Loro arrivarono prima.
Riuscii soltanto a dirgli che era importante, avrei voluto fare di più per  aiutarlo ma alla fine fu lui ad aiutare me, a liberarmi da Loro usando ancora una volta tecniche nostre in maniera naturale, troppo naturale.
Era così turbato, molto più di quanto gli avevo parlato da piccolo.
“Ti prego, so che tu puoi, aiutami a tornare a casa” disse con un filo di voce. Era sull'orlo del pianto.
“Sei stato a casa tutto il tempo”
“Non riesco a capire. Sono stato cancellato?”
Lo guardai cercando di trovare le parole che potessero rassicurarlo
“Non c'è una spiegazione scientifica. Posso fornirti una spiegazione che si basa solo sui principi umani. La tua
cancellazione non è stata possibile perché le persone che tengono a te non ti hanno voluto lasciar andare e tu
non hai voluto lasciar andare loro. Voi lo chiamate amore”
Mi fissò incredulo con un mezzo sorriso sulle labbra
“E Olivia?”
Per la prima volta in vita mia allargai la bocca in un piccolo sorriso
“E' la TUA Olivia”
Il Ragazzo ricambiò il sorriso ed io lo salutai con un cenno del capo mettendomi il cappello, non ebbi neanche bisogno di vedere dove stava andando.
Lo avevo finalmente aiutato.
Mentre mi allontanavo sentii una strana fitta alle membra, barcollai riuscendo a mantenermi in piedi, stava accadendo qualcosa che non avevo previsto.
Perso nel continuum spatium temporale camminavo con fatica cercando di trovare un punto dove fermarmi, sentivo una grande stanchezza impadronirsi di me, forse avevo chiesto troppo a me stesso.
Arrivai infine su una spiaggia che avevo conosciuto anni prima in compagnia di un amico, la stessa spiaggia in cui avevo predisposto ogni cosa.
Entrai nella casa attraversando i muri con meno facilità del solito, tuttavia non ne ero turbato, una volta dentro mi attaccai al pianoforte coperto di polvere come tutto il resto.
Quella casa non veniva usata da anni, però riuscivo a sentire l'eco di momenti felici.

Un bambino che correva in cucina 
“Papà, papà sei tornato!” urlava, il padre gli sorrise mollando per un attimo la padella e lo prese in braccio
“Ciao Pete” disse l'uomo accarezzandogli il viso e come altre volte in quei tocchi leggeri c'era anche una ricerca. Un bisogno. Un bisogno di sincerarsi che suo figlio fosse vivo.
“Hai fatto i pancake a forma di balena, grande” urlò il piccolo mentre la madre usciva dalla penombra.
Solo in quei momenti riusciva ad essere totalmente felice.
Solo in quei momenti riusciva a dimenticare che la la loro famiglia si basava su un inganno ai danni di un bambino e sulla sofferenza di un'altra famiglia.
Baciò il marito sulle labbra e poi il bambino, dimenticando il resto.


Io avevo rubato loro quei ricordi per un bene superiore.
Io.
Solo io.
Era tempo di rimediare
“Walter... Walter... so che puoi sentirmi.” feci con voce flebile.
Mentre lo attendevo guardai verso la finestra dove riuscivo a vedere il mio volto: era segnato dal tempo e per la prima volta in vita mia avevo dei capelli.
Mi passai la mano su di essi scoprendo una sensazione nuova mentre lacrime leggere mi rigavano le guance: da qualche parte il Ragazzo aveva cambiato il futuro, ora dovevo rendere stabile quel futuro.
Non passarono molte ore quando il dottor Bishop comparve sulla porta, ma non era più il mio amico, era ancora privato di quei ricordi.
Titubante si avvicinò verso di me.
“Chi siete?” farfugliò mentre io ero voltato di spalle, non per nascondermi.
Avevo solo bisogno di stare attaccato al pianoforte perché in qualche modo mi dava sicurezza.
Mi poggiò la mano sulla spalla, io mi girai e gli sorrisi
“September” disse guardandomi sconvolto.
Dovevo apparire invecchiato ai suoi occhi e di sicuro per lui era sconvolgente vedermi con tutti quei capelli.
Allargai il sorriso scuotendo la testa
“No, Walter. Il mio vero nome è Donald”
Il mio vecchio amico mi fissò con aria triste, potevo ancora sentire che era attanagliato da sensi di colpa non suoi.
“Cosa ti è successo?”
“Non devi preoccuparti per me, Walter. Non sono mai stato meglio in vita mia, credimi”
Walter annuì pensieroso
“In effetti così sembra”
“Sono qui per pagare il mio debito”
Il dottor Bishop spalancò gli occhi
“Debito?”
“Tu hai dei ricordi falsi a causa mia e degli altri. Non possono far niente adesso, lo so. Ma Loro hai visto cosa stanno facendo”
Walter sorrise amaro
“Lo so, ne parlammo fino a pochi giorni fa, costruendo il tuo piano, ma non mi hai mai detto perché Peter è la chiave”
Mi andai a sedere su una poltrona perché iniziavano a mancarmi le forze, avevo paura di non avere più poteri per ridargli tutto.
“Walter, sì che te lo dissi ma tu ora non ricordi a causa mia. Ti prego lasciami parlare”
Il mio tono autoritario, che stupì anche me, ebbe il potere di far tacere Walter: sorrisi pensando che solo Peter ci riusciva.
Era strano pensare quel nome.
Non ero mai riuscito ad usarlo.
“Per me è successo da poco, ma per te sono passati quattro anni. Insieme decidemmo di tenere al sicuro Peter da Loro, cancellandolo e tu mi facesti promettere che avrei vegliato su di lui. Ho mantenuto la promessa”
Walter scosse la testa
“Non so di cosa parli”
Ebbi il primo motto di stizza. Quell'uomo era davvero testardo
“Te l'ho già detto. Ti ho privato dei ricordi per proteggerlo da loro. Adesso voglio ridarti quei ricordi insieme al reale significato del piano però li partizionerò nella tua testa in modo che se loro dovessero torturarti non troverebbero nulla”
Il dottor Bishop mi guardò incuriosito
“Ti sei veramente umanizzato. Non ti ho mai sentito dire così tante parole tutte insieme, September”
Mi scappò una lieve risata, poi mi alzai e presi la sua testa tra le mani
“Te l'ho già detto, il mio vero nome è Donald” dissi prima di iniziare il mio lavoro nella sua mente sentendomi salire una strana consapevolezza.
Non avrei più rivisto né il 2036.
Né il 2600.
E la cosa non mi turbava affatto.
Ero finalmente vivo.
Ero finalmente un uomo.



Fine capitolo 6

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