Una storia vera di David Lynch


Una storia vera (1999)

[The Straight Story, USA 1999, Drammatico, durata 111']   Regia di David Lynch
Con Richard Farnsworth, Sissy Spacek, Harry Dean Stanton

Ho rivisto questo film stasera con la mia cara Krishel.
Un Lynch diverso, che non ti aspetti, racconta una storia vera come recita il titolo, sia in italiano che in inglese (dove però c'è il gioco di parole sul cognome Straight che significa appunto vero).
Una storia vera molto poetica nella sua normalità.
La storia di Caino e Abele, di due fratelli che non si parlano da anni senza una ragione precisa.
Tuttavia qualcosa cambia dal dramma della Bibbia.
ATTENZIONE SPOILER

Alvin, il fratello maggiore, non appena sa dell'infarto del fratello minore Lyle decide di compiere un viaggio che sembra una follia ed è un colpo molto pesante per il suo orgoglio, un viaggio che ci permette di vedere gli Stati Uniti nella loro autentica anima.
E questo viaggio si svolge usando solo un tagliaerba dato che Alvin non ha la patente.
Lynch non fa sconti.
In nessun modo.
Questo film ha le atmosfere alla Twin Peaks senza copiarle. La provincia americana è descritta senza falsità o veli, è tutto vero, tutto spietatamente e meravigliosamente vero. Io che non sono fan degli Stati Uniti vi dico che questo film me li fa amare proprio perché non ci sono atmosfere ovattate.
Quel percorso lento sì davvero è simbolo di calma, una calma che dobbiamo ritrovare. C'è chi dice che sia lento, sì ma c'è modo e modo di essere lenti. E c'è chi dice che non parla di nulla sto film. No, parla di normalità, quotidianità con tutta la poesia che Lynch sa dargli, una poesia ungarettiana se mi permettete il paragone: zero fronzoli, dritto al punto.
E a proposito del paragone con Ungaretti quando Alvin parla della guerra non posso fare a meno di pensare a questa poesia:

Veglia.

Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita 

Stratosferico. Solo lui poteva far emozionare e pensare con una storia normale, ma non banale. 
Musiche d'atmosfera, lente, melodiose, accompagnano il viaggio di espiazione e di gioia di Alvin( un monumentale Richard Farnsworth) verso casa, verso il fratello che pareva perduto per sempre.
Musiche contribuiscono a ricreare l'atmosfera di Twin Peaks, senza mai, ripeto, copiarla.
Alvin un uomo che sente su di se il peso di mille colpe, dall'aver involontariamente ucciso il compagno di guerra, allo stupido litigio, passando per il dolore di dover lasciare sola l'unica figlia rimastagli Rose (una strepitosa Sissy Spacek in stato di grazia), a cui sono stati levati i figli dalle spietate assistenti sociali perché lei è una ritardata e quindi indegna di avere figli.
Lynch non manca di lanciare frecciate velenose ad un paese ancora retrogrado e bigotto proprio attraverso il dramma di Rose, però questa volta si intravede una luce mai falsa, una luce di vera speranza.
Dialoghi evocativi, splendidi e toccanti.
Difficile trovare il migliore.
Da quello con la piccola ragazza madre a cui appunto insegna cos'è una famiglia, con una metafora favolosa come i pezzetti di legno legati.
Una scena che scalda il cuore letteralmente.
Ai vari colloqui con Danny che lo aiuta a riparare il suo mezzo di trasporto un po' particolare, il famoso tagliaerba.
Alvin che consola, punzecchia, diverte e commuove.
Terrificanti le frecciate ai due fratelli gemelli litgiosi (molto lynciani nel loro delirio) e bella la lezione di vita che da loro.
Struggente il dialogo con il prete durante il quale Alvin dice, giustamente, che non gli importa nulla perché ha litigato con Lyle, vuole solo tornare da lui e rivedere le stelle insieme come quando erano ragazzi e il prete non può far altro che rispondere "E a questo dico così sia".
Nell'atteso finale dove finalmente giunge alla meta e ritrova Lyle abbiamo solo un brevissimo dialogo.
Lyle pronuncia poche semplice parole e lascia parlare il suo sguardo felice e malinconico (struggente Harry Dean Stanton) per aver ritrovato un fratello.
Non mi intendo di regia, ma certe inquadrature particolari sembrano voler penetrare nell'anima di ogni singolo personaggio e di ogni singolo paesaggio.
Sembra di essere lì.
In ogni istante.
E nello splendido finale pare di volare tra le stelle.
Un film davvero perfetto.
Ribadisco stratosferico.
Voto 5 stelle.
p.s: mi fa sia piangere che ridere la scena dei cervi e della signora. Poi Alvin risolve a modo suo.


Commenti

Kris Kelvin ha detto…
Un 'vero' capolavoro. Una storia pulita, semplice, lineare (come recita il titolo originale) profondamente umana. Apparentemente sembra 'scollegato' dalla filmografia di Lynch ma poi, a ben vedere, i tratti essenziali ci sono davvero tutti: paura (quella di Alvin di non farcela), orrore (dei ricordi passati), malinconia ("La cosa più brutta della vecchiaia? il ricordo di quando si era giovani"), sentimento (l'abbraccio tra i due fratelli). Film memorabile e commovente. Splendido.
Silvia Azzaroli ha detto…
Grazie del commento caro Sauro!
Sì, è vero c'è tutto di Lynch in questo film anche se diverso, più lineare appunto.
Io li vidi la prima volta anni ed anni fa quando ancora c'era tele+ e mi commosse, non avevo mai avuto il coraggio di recensirlo.
Non riesco ad andare al cinema quanto vorrei, ma almeno me lo godo a casa, quando posso.
Baci ed un grande abbraccio!
Krishel Mir ha detto…
Beh alcuni segnali del cinema di Lynch si vedono anche in certe inquadrature particolari. Mi riferisco a quella iniziale sulla finestra per esempio, ai gemelli che sono stati citati e altro ancora che adesso in questo momento non mi viene in mente. Bella recensione mia cara.
Silvia Azzaroli ha detto…
Grazie tesora. Essì hai ragione per le inquadrature, soprattutto quella iniziale davvero stupenda e molto lynciana

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