Lo Hobbit divide la critica americana


Da “film entusiasmante” a “piatto e noioso”. 

Accoglienza più fredda del previsto per il nuovo film di Peter Jackson



Lo Hobbit divide la critica americana: i primi giudizi pro e contro
Questa è abbastanza una sorpresa. Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato, il prequel de Il Signore degli Anelli firmato Peter Jackson in uscita a breve nelle nostre sale (esordirà il 13 dicembre), divide la critica americana. E non poco, perché le prime opinioni vanno dall’entusiasmo contagioso, al totale rifiuto, passando per una tiepida indifferenza. C’è Rodrigo Perez che su The Playlist parla di un film «epico, grandioso ed emozionante: uno dei più divertenti e affascinanti eventi dell’anno»; dall’altra parte James Rocchi di Boxoffice Magazinenon va per il sottile: «Molto meglio restarsene a casa».
Sono due tra le voci più autorevoli dellla critica americana però, a rappresentare al meglio il modo con cui il film è stato accolto. Todd McCarthy su The Hollywood Reporter scrive: «Una delizia per puristi, un piatto che rimpinzerà i milioni di fan intransigenti della precedente trilogia del Signore degli Anelli. In termini puramente cinematografici tuttavia, e’ anche una faticaccia, esageratamente ricca di descrizioni ma povera di forti accelerazioni. Non mancano momenti spettacolari come nella saga precedente ma il film, specie nella prima parte, è soprattutto piatto e noioso» (leggi qui l’intera recensione). Peter Debruge, su Variety rincara la dose: «Bilbo inizia il suo “viaggio inaspettato” in un modo estremamente lento (…). Jackson e il suo team sembrano obbligati ad arricchire il mondo della loro precedente trilogia con scene che sarebbe stato meglio destinare a un’edizione speciale del dvd (oppure omettere del tutto), ma che non giustificano del tutto una seconda saga» (leggi qui l’intera recensione).

Molta della curiosità era incentrata anche sull’High Frame Rate 3D, la nuova tecnologia utilizzata da Peter Jackson, che ha filmato il tutto non solo in versione tridimensionale, ma anche a 48 fotogrammi al secondo, il doppio dello standard. Anche in questo caso, il giudizio divide. Per Debruge «la tecnica incrementa il dinamismo della mobilissima macchina da presa di Andrew Lesnie, che una volta di più passa dal più stretto dei dettagli alla più ampia panoramica (…) ma il 3D complica anche i trucchi prospettici utilizzati da Jackson nei film precedenti, creando strani effetti di disturbo, specialmente nell’affollatissima scena della Bag End, dove Gandalf si erge in maniera poco convincente su personaggi alti la metà. Ancora piùsconcertante è l’introduzione dei 48 fotogrammi al secondo, che risolve sì il problema dello sfarfallio della pellicola ogni volta che la macchina da presa fa una panoramica o un movimento orizzontale che attraversa tutta l’inquadratura, ma al prezzo di rendere ogni elemento in scena enfatico e artificiale, svelando così la falsità palese del set e dei costumi. Inoltre, le sezioni ben illuminate dell’inquadratura si estendono anche ai bordi, dando l’impressione di guardare un film a casa di ottima qualità».
Dello stesso avviso è McCarthy: «Il risultato è interessante e sarà a lungo dibattuto, ma un primo paragone tra i due formati (48 contro 24 fotogrammi al secondo, ndr) pesa sull’esperimento. Nella copia mostrata alla Warner Bros., denominata High Frame Rate 3D, l’artificio tecnico funziona alla perfezione nelle scene più spettacolari, mentre sembra un video televisivo eccessivamente sgargiante nelle scene in interni, come quelle nella casa di Bilbo, dove paradossalmente il film ha qualcosa di vagamente teatrale. Un effetto che la versione 24 fotogrammi al secondo attenua regalando una tessitura visiva più morbida e notevolmente più accurata».
Ancora una settimana, e scopriremo quanto questo Hobbit effettivamente vale.

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